A proposito dell’amore

“…Tale è la piena della vita: non parlo di sentimentalismi e di slanci mistici, ma della vita, che solo allora diventa reale e tangibile, come se fossero cadute squame dai tuoi occhi e tutto attorno a te si manifestasse per la prima volta…Tale eros non è privilegio né dei virtuosi né dei saggi, è offerto a tutti con pari possibilità. Ed è la sola pregustazione del Regno, il solo reale superamento della morte. Perché solo se esci dal tuo Io, sia pure per gli occhi belli di una zingara, sai cosa domandi a Dio e perché corri dietro a Lui.” (C.Yannaris – Variazioni sul Cantico dei Cantici)

Le parole del teologo greco-ortodosso colgono con intensa pregnanza il cuore germinativo di quel sentimento universale che ex aeterno ormeggia ed uncina il cuore degli uomini, consolandoli e affannandoli al tempo stesso: l’Amore, per l’appunto, inteso soprattutto come vibrazione folgorante che rinvia alla trascendenza, apre la strada all’Assoluto, senza la quale l’esistenza rischia di divenire cosa posata tra le cose, senza ulteriorità.

 

L’Amore come energia che favorisce la capitolazione della mente, della blindata roccaforte del nostro Io… l’Amore allora non come protezione ma come attraversamento, come qualcosa che espone, spezza, altera, incrina la nostra identità. squilibrandola nelle sue difese affinché accada la vita…”allora davvero l’amore si pone come radicale sovvertimento della stabilità, dell’ordine, dell’identità, della proprietà che… sono regolati dalla legge del giorno che nulla sa della passione per la notte che inabissa ogni stabilità e ogni identità diurna perché possa farsi strada amore. E con l’amore, l’altro, non perché io possa reperire il senso profondo di me stesso, ma perché possa perdere quel me stesso diurno che non mi consente di accedere alla notte dell’indifferenziato da cui un giorno siamo emersi.” (U. Galimberti. – Le cose dell’amore)

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Risulterebbe certo banale e capzioso tentare di catalogare il complesso e contraddittorio fenomeno dell’amore, oggetto di riflessione fin dall’antichità prefilosofica: i modelli e le tendenze teoretiche si sovrappongono, dall’amore come forza cosmica e naturale (si potrebbero esaminare due accezioni diverse: l’amore come desiderio, passione travolgente -Lucrezio- e come sentimento di amicizia -Aristotele-) all’amore come relazione e tangenza con l’Assoluto (è l’identificazione dell’amore con un demone -Platone- la cui funzione di essere scala tra cielo e terra verrà ripresa da molti autori medievali e rinascimentali, vedi tra tutti la figura demonica di Beatrice); dall’amore come identità col divino stesso (è il Dio è Amore di Agostino, il lignum crucis della terza navigazione, quel sentimento che non è più solo dell’uomo, creatura imperfetta che ama poiché è privo di qualcosa, ma che connota proprio il divino che per amore scende verso l’uomo, lo cerca, e lo rende consapevole di essere sua scaturigine -Kierkegaard-) all’amore come energia e unità dell’Essere (come non pensare al grande filosofo nolano, Giordano Bruno, su cui è necessario soffermare un attimo la nostra disamina critica per comprendere il crocevia pregnante che rappresenta nella riflessione sull’amore: nella sua opera Degli eroici furori il filosofo celebra l’amore eroico, denso di eros, inteso come furor, passione, impeto, entusiasmo che porta a trascendere i propri limiti intellettuali e ad essere introdotti alla verità divina, poiché l’amore è amore del divino e come tale, infinito perché Dio stesso è infinito.

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Solo una potenza amorosa che esorbiti dalla misura, potrà cogliere la divinità, per sua natura infinita e incommensurabile; il furore eroico dunque non è uscita di senno, disordinata tempesta delle emozioni, ma calore che si accende dentro la memoria e l’intelligenza, una volta avuta intuizione del valore della verità e della conoscenza che si va cercando… (da qui la splendida affermazione bruniana a lasciar andare l’anima che ha messo le ali e quindi può seguire Eros che è l’unica potenza in grado di trasformare l’uomo nella realtà alla quale aspira).

Ma occhi ed orecchi un poco attenti e nutriti della più semplice propedeutica filosofica non possono non leggere tra le pieghe delle riflessioni suddette una auctoritas, una voce, una fonte di cui le modellizzazioni seguenti si presentano sovente come commentari: trattasi, naturalmente di Platone che ci ha offerto la lettura più profonda, organica e rivoluzionaria che l’Occidente abbia conosciuto sulle cose dell’amore, a ulteriore conferma che il pensiero platonico è un guadagno per il sempre.

“L’unico tra i filosofi che si sia posto il problema del senso psicologico, fatale e metafisico dell’amore e che vi abbia dato risposta movendo dalle sue radici più profonde è Platone. Platone comprese che l’amore è una potenza assoluta della vita e che perciò deve esservi un cammino conoscitivo che conduca da esso alle ultime potenze ideali e metafisiche.” (G. Simmel, – Frammento sull’amore)

In effetti, leggere le pagine di grande suggestione lirica del Simposio e del Fedro suscita nel lettore la sensazione che, pur nella differenza delle svolte e dei punti d’arrivo, il concetto moderno di amore è debitore al filosofo greco della presa di coscienza che in amore vi sia un elemento misterioso di là dall’esistenza e dall’incontro casuale e individuale, di là dall’effettivo desiderio, di là dalla mera relazione sentimentale. Intuiamo che c’è qualcosa di metafisico, in qualche modo atemporale e aspaziale che trascende la nostra esperienza contingente hic et nunc.

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“Gli amanti che passano la vita insieme non sanno dire che cosa vogliono l’uno dall’altro. Non si può certo credere che solo per il commercio dei piaceri carnali essi provano una passione così ardente a essere insieme. E’ allora evidente che l’anima di ciascuno vuole altra cosa che non è capace di dire, e perciò la esprime con vaghi presagi, come divinando da un fondo enigmatico e buio.” (Platone – Simposio)

L’intuizione platonica del significato metafisico dell’amore resta vera anche per noi moderni, non tanto perché l’amore debba necessariamente condurre oltre, verso il regno del divino, quanto perchè ha a che fare con l’interiorità, l’intimità di un individuo unico la cui essenza, la cui quidditas resta un mistero, un enigma non oggettivabile e, in quanto tale, risulta metafisica. L’idea di Platone che l’amore sia reminiscenza di un’esperienza profonda e misteriosa, che il senso dell’amore vada ricercato in una visione antica e dimenticata, affiorante alla memoria in occasione dell’innamoramento, trova conferma singolare nella psicanalisi.

Freud sostiene infatti che la scelta dell’amato sia in realtà condizionata da tendenze radicate nell’inconscio, per cui, secondo Freud, Platone tenderebbe a sublimare un rapporto che ha invece radici profonde nella libido sessuale, oltre che nel simbolico. L’Amore dunque appartiene all’enigma e l’enigma alla follia, ma la follia intesa come arte mantica della divinazione che porta a recuperare la parte vera di sé.

Gli dei, scrive Platone, sono dentro di noi e dunque la loro follia ci abita, per cui ogni volta che abbiamo a che fare con l’Amore, se non siamo uomini comuni, sappiamo di avere a che fare con questa follia. L’amore allora è attraversamento, spalancamento sul mistero, cui si può accedere, come dicevamo all’inizio, solo con la capitolazione dell’Io, roccaforte della razionalità, che non oppone più resistenza al passaggio di Amore… è una sorta di rottura di sé perchè l’altro ci attraversi. L’altro, nel suo essere clessidra aperta tra cielo e terra, ci incrina, ci espone, perché l’Amore vero non protegge, ma espone, consentendoci di andare OLTRE per essere ALTRO…

Nell’intuizione mistica, nel sogno, nella poesia e nell’innamoramento l’uomo entra in una dimensione superiore e partorisce capacità che coscientemente pensa di non avere. Innamorarsi è entrare in contatto con la nostra parte più divina, quella più vera, quella più saggia. L’altro ci completa non tanto riempiendo un vuoto quanto tirando fuori il nostro vero io, facendoci partorire, come una socratica balia, la nostra vera natura.

Indissolubile è dunque il legame tra amore e conoscenza: solo entrando nell’economia della relazione amorosa si comincia a scandagliare il mare della conoscenza del Sé, un percorso difficile perchè il vero Sé, una pietra vera, viva , preziosa, è immerso in uno stato profondo, spesso (il sottosuolo, le bucce, l’inconscio, il groviglio) e perché il processo di partorire se stessi possa verificarsi, lo specchio nell’incontro deve essere fedele: “nella pupilla dell’altro vedo me stesso, come in uno specchio. L’altro mi rivela chi sono e, guardandomi attraverso di lui, mi conosco.” (Platone – Alcibiade).

Suggestiva e poetica la metafora della visione riflessa: l’aspirazione dell’uomo è “trovare uno specchio in un altro viso umano, sia pure uno solo, ma in un tu. Il viso cerca uno specchio che non sia deformante” (N. Berdjaev – L’io e il mondo). Lo sguardo dell’altro, in amore, non deve farmi sentire inadeguato e finito, ma scoprire in me il fondamento di tutti i valori, la totalità e fusione infinite… siamo lontani da ciò che dice Sartre quando scrive: ”quando un altro mi guarda, io sono seduto come quel calamaio è sul tavolo, sono curvo sul buco della serratura come quell’albero è inclinato dal vento”(J.P.Sartre, – L’essere e il nulla): quello sguardo mi riduce a oggetto, a una della tante cose presenti sulla scena, e in tal modo non mi coglie ma mi estranea da me stesso.

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Il conoscere dunque è intimamente legato al problema dell’amore, perché esprime forse il bisogno più tipicamente umano: quello di penetrare il segreto dell’uomo. E la via principe per cogliere il segreto è proprio l’amore: esemplari e conclusive le parole di Froom: ”Amore è penetrazione attiva dell’altra persona, nella quale il mio desiderio di conoscere è placato dall’unione. L’amore è l’unico mezzo per conoscere, poiché nell’atto dell’unione è la risposta alla mia domanda. Nell’altro essere trovo me stesso, scopro me stesso, scopro tutti e due, scopro l’uomo… E’ un atto d’amore che supera il pensiero, che supera le parole, è un tuffo ardito nell’esperienza dell’unione”(E. Froom, – L’arte di amare).

Manuela Racci

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