Un piccolo seme

ANCHE LA SEQUOIA NASCE DA UN PICCOLO SEME…

La vita é fonte inesauribile di momenti di riflessione, dove poter aumentare in maniera esponenziale la consapevolezza. Nell’ascolto attento e silenzioso di chi ci parla, ci sono parole che raccontano di noi e della nostra stessa vita. Abbiamo bisogno che sia così perché da soli non possiamo fare nulla. In questo modo scopriamo le debolezze, gli inganni e le insidie che ancora dimorano nella mente: é un modo per stanarle portandole alla luce, cosicché possano essere viste, riconosciute, accettate e trasportate sull’onda della trasformazione. La rabbia é una di queste emozioni che viene spesso fraintesa e mal utilizzata.

Alle donne viene chiesta la repressione di questa emozione e ciò appartiene a un condizionamento generalizzato dove é vietato esprimere rabbia per differenti motivi. Vi elenco quelli che ho vissuto personalmente e che ho ascoltato dai racconti di altre donne: se ti arrabbi diventi brutta – Gesù piange quando sei arrabbiata – sei un mostro – una vera donnina non si arrabbia mai e, ciliegina sulla torta se ti arrabbi non tu vuole più nessuno Mica male se pensi che queste frasi sono state ripetute ogniqualvolta c’era una manifestazione di rabbia.

Vediamo ora come poter iniziare un cammino di inversione per osservare la rabbia da un altro punto di vista. In prima battuta mi viene in mente un passaggio che ho letto nel libro Donne che corrono coi lupi dove l’autrice sostiene con la mia totale approvazione che per le donne é salutare provare rabbia o collera: aiuta a trovare modalità creative per combattere un’ingiustizia e provocare un cambiamento. É deleterio e poco salutare bloccare la collera per non sentirla: anch’essa é maestra di vita se viene ben utilizzata. Fa parte dell’espressione di una psiche istintuale sana avere reazioni profonde di fronte alla mancanza di rispetto, alla minaccia e all’offesa.

Quando una donna ha difficoltà a esprimere rabbia per molto tempo, nell’attimo in cui si ritrova a sperimentarla ha due possibilità: nella prima diventa una tigre senza controllo mentre nell’altra la trattiene dentro di sé coinvolgendo il corpo fisico. Generalmente si decide per la seconda opzione, dannosa e invalidante e ugualmente utilizzata per manipolare, un terzo modo per manifestare la rabbia repressa. Sembra, quindi, che non ci sia scampo! In verità non é così: c’é un’altro modo, come sempre, di vedere la situazione ed é riconoscerla lasciando così che si possa trasformare.

La rabbia, come altre emozioni, é ciclica e periodicamente si affaccia nella quotidianità: é il passato che risale urlando e voglioso di essere riconosciuto per poter continuare il suo corso. Anche nella pulizia più profonda, rimane sempre qualche  piccolo residuo dimenticato e, per questo, anche la rabbia va periodicamente affronta. É un rituale igienico e liberatorio (parole prese a prestito da Clarissa Pinkola Estés) perché conservare la propria rabbia oltre il tempo della sua maturata espressione significa riempire d’ansia il proprio corpo  generando agitazione, impotenza di fronte alla vita, stanchezza, speranze che si infrangono e il fuoco che brucia ogni naturale forma creativa.

C’é una soluzione a questo trambusto? Certo! Ogni medaglia é composta da due lati e, nel caso della rabbia, il suo lato opposto é la serenità che si raggiunge attraverso il perdono, un cammino tortuoso e ricco di insidie e la prima di tutte é la credenza che sia possibile perdonare in una semplice battuta. Un singolo atto fatto di frasi costruite come ti perdono non é sufficiente, a meno che non si sia giunti alla beatificazione. In tal caso non ci sarebbe nulla da perdonare poiché nulla é visto con occhi di paura.

Iniziare un percorso, che sia fisico o spirituale, é necessario per arrivare fino in fondo: non puoi arrivare in cima alla montagna se stai fermo. É necessario iniziare un primo passo, sostenute dalla voglia di veder accadere cose nuove, lasciando che il vecchio possa terminare il suo percorso e anche il perdono necessita di un inizio e di una continuità, senza la quale non si puó nulla. É come un allenamento costante e conveniente poiché negli episodi di non perdono rimane imbrigliata una quantità enorme di energia che é impossibile da recuperare in altro modo. Per cui non é una questione di buonismo o di essere più brave se perdonate e più cattive se non lo fate: molto più semplicemente il perdono riduce il desiderio di autopunizione e vendetta presenti dentro ogni essere. Attraverso il perdono puoi conoscere chi sei e scoprire che la rabbia é parte di te e proprio attraverso di essa puoi arrivare a sperimentare la gioia offerta dalla scelta di perdonare.

É un cammino arduo che necessita di momenti in cui recuperare le forze da utilizzare quando si é deciso di affrontare una ferita antica, soprattutto per le donne: dedicarsi a se stesse e ai propri obiettivi può aiutare in questo recupero. Inoltre avere fiducia é altrettanto importante poiché ci sarà un momento in cui la voglia di tornare indietro sarà così forte da mettere a dura prova la forza di volontà.

La ripetizione di schemi uguali a quelli del passato é dovuta proprio alla mancanza di perdono: stessa scelta porta a stesso risultato. Bisogna inserire un ingrediente diverso per avere un risultato differente e il perdono é quell’ingrediente. Puoi iniziare subito perché, sono certa, anche nel tuo passato c’è qualcosa che hai seppellito nella speranza di poterlo dimenticare.  Ma nulla di seppellito resta per sempre nel terreno: prima o poi inizia a crescere diventando (a volte) alto come una sequoia e sai perché? Vuole essere visto! La rabbia vuole essere riconosciuta, accettata e lasciata andare perché dietro di sé, nel suo rovescio, c’é il suo esatto contrario che sta aspettando di manifestarsi.

E tu, cosa stai aspettando?

Lucia Merico – SpiritualCoach

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